Carbonara Day: una forchettata di felicità (e un po’ di pepe nero)

Carbonara Day: una forchettata di felicità (e un po’ di pepe nero)

Il 6 aprile non è una data qualsiasi, perché da qualche anno è diventata un piccolo rito collettivo, una di quelle ricorrenze che non finiscono segnate sul calendario ma si fanno sentire nella pancia, nel cuore e nella voglia improvvisa di buttare la pasta, accendere i fuochi e preparare una carbonara come si deve, senza panna, senza cipolla e senza interpretazioni creative che rischiano la scomunica gastronomica, perché oggi è il Carbonara Day, e quando si parla di carbonara, la regola è una sola: farla bene.

Che poi, a ben vedere, non è neanche così complicato, basta avere rispetto, ingredienti giusti e un po’ di pazienza, quella che serve quando stai lì a mescolare i tuorli a bagnomaria senza distrarti, perché se li cuoci troppo diventano frittata, se li scaldi poco restano liquidi, e trovare l’equilibrio è un’arte più che una tecnica, ma quando ci riesci lo capisci subito, perché il profumo è inconfondibile, il colore è quello dell’oro, e il sapore… beh, il sapore non ha bisogno di spiegazioni.

Il bello del Carbonara Day è che non è una festa da chef o da food blogger incalliti, è una giornata per tutti quelli che davanti a un piatto fumante si emozionano un po’, quelli che mettono la musica in cucina, che assaggiano il guanciale direttamente dalla padella, che sporcano tutto il piano lavoro ma alla fine si siedono e sorridono, perché quel piatto lì, fatto con pochi ingredienti e tanto cuore, è un pezzo di casa, di infanzia, di italianità vera.

E poi, diciamolo, dietro ogni grande piatto c’è una storia, e quella della carbonara è una storia curiosa, che profuma di guerra, di improvvisazione, di genio italiano e di fame vera. Perché a dispetto di quanto si potrebbe pensare, la carbonara non è antica come ci piace credere: non c’è traccia di lei nei ricettari prima degli anni ’40, e secondo le fonti più autorevoli è proprio nel 1944, a Roma, che compare per la prima volta qualcosa di molto simile, frutto dell’incontro tra le razioni militari americane – uova in polvere e bacon – e l’ingegno dei cuochi romani, che con quegli ingredienti di emergenza hanno dato vita a un piatto destinato a fare la storia. Il bacon è diventato guanciale, le uova in polvere si sono trasformate in tuorli freschi, il formaggio è diventato pecorino romano, e il pepe – sempre generoso – ha fatto il resto.

La prima vera comparsa ufficiale della ricetta della carbonara arriva solo nel 1954, in un articolo pubblicato su “La Cucina Italiana”, ma da lì in poi ha preso il volo, diventando simbolo di Roma e dell’Italia intera, capace di conquistare il mondo senza mai dover cedere il passo a compromessi, almeno nelle versioni più rispettose.

E siccome la carbonara va fatta con amore ma anche con criterio, ecco la ricetta che non sbaglia, quella da segnarsi, da stampare, da mandare a chi ancora ha dubbi su come si faccia per davvero.

Per 5 persone, si parte da 400 grammi di spaghettoni, quelli ruvidi e spessi che tengono bene il sugo, poi si prendono 250 g di guanciale e si tagliano a pezzettini, belli larghi, perché devono sudare in padella, senza aggiunta di altri tipi di grassi, come l’olio, e diventare croccanti, mentre in un’altra pentola bolle l’acqua, quella salata il giusto, che accoglierà gli spaghettoni quando è il momento, e nel frattempo, in una ciotola, si mescolano 5 tuorli con 200 grammi di pecorino romano grattugiato, una generosa dose di pepe nero e un mestolo di acqua di cottura della pasta che aiuta a sciogliere tutto e a creare quella crema densa e profumata che sarà l’anima del piatto.

Quando il guanciale ha rilasciato il suo grasso e ha raggiunto quella consistenza perfetta tra il morbido e il croccante, si versa il grasso nella ciotola con la crema d’uovo e si tiene il guanciale da parte, che arriverà alla fine come tocco finale, mentre la ciotola con la crema va scaldata a bagnomaria, dolcemente, finché la temperatura arriva a 65 gradi, mescolando piano per 5 o 10 minuti, senza mai perdere di vista la consistenza che deve restare vellutata e setosa, mai collosa, mai grumosa.

Quando la pasta è cotta al dente, la si scola direttamente nella ciotola, si mescola subito, con energia e cura, si amalgama il tutto e si serve con il guanciale croccante sbriciolato sopra e un’ultima grattugiata di pecorino che chiude il cerchio e accende l’applauso.

E a quel punto, non resta che mangiare, possibilmente in silenzio, con rispetto, con gratitudine per questo piatto che sembra semplice ma non lo è, che sazia il corpo ma consola anche l’anima, che non passa mai di moda perché ogni volta che lo mangi ti sembra sempre la prima, magari accompagnandolo ad un Verdicchio dei Castelli di Jesi Riserva DOCG,

La carbonara è così, un abbraccio caldo in formato pastoso, un classico intramontabile che non ha bisogno di reinventarsi per restare amato, e oggi, più che mai, vale la pena celebrarla, cucinarla, raccontarla e condividerla, perché in un mondo che corre veloce, dove tutto cambia e si complica, la carbonara resta un punto fermo, una certezza, una poesia in una ciotola.

Buon Carbonara Day a chi la fa bene, a chi la ama senza modificarla e a chi la mangia con gli occhi chiusi, come se fosse un piccolo rito, un gesto familiare, un ritorno a casa.

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